Usa&tieni
Eliminare i fazzoletti e i tovaglioli di carta sostituendoli con quelli di stoffa è una passeggiata. Certo, poi capita di ritrovarsi a doverla fare in un bagno pubblico dove manca la carta igienica e maledire l’ambientalista che c’è in te, però si sopravvive. La carta igienica è usa e getta? Non è vero, mi rifiuto di crederlo. Non ho nessuna intenzione di eliminare la carta igienica, ho già fatto fin troppo riducendo il consumo di Scottex. Riducendo, non eliminando, perché quando posso resisto alla tentazione e opto per la microfibra, ma ci sono situazioni in cui la carta assorbente è la mia salvezza. Comunque compro carta igienica e carta assorbente riciclata, ruvida e non sbiancata per espiare le mie colpe e in cucina ho bandito pellicola e alluminio; per conservare i cibi avanzati uso contenitori e sacchetti richiudibili, lavabili e riutilizzabili.
C’è da dire che in bagno, oltre alla carta igienica, non è rimasto niente. Mi trucco poco e quando lo faccio non mi strucco con salviettine o dischetti in cotone; uso una spugnetta morbida. Ho una scatola di cotton fioc da anni, che non sto usando in questo mese e non ne sento la mancanza. Poi ci sono la Meluna, i salvaslip e gli assorbenti lavabili, di cui però mi piacerebbe parlare (forse) in un altro post. Ora però ditemi come togliere lo smalto dalle unghie senza usare il cotone, grazie.
Il problema principale nella lotta all’usa e getta in casa sono gli animali. Laika per fortuna non necessita più dell’utilizzo massiccio delle traversine perché finalmente ha imparato a fare i suoi bisogni sempre fuori. Tali bisogni vanno però raccolti e per farlo ci vuole l’apposito sacchettino, non riutilizzabile per ovvie ragioni. Compro quelli in mater-bi, ma sono sempre usa e getta. Idem per la sabbietta dei gatti; per quanto ecologica sia, di certo non posso far altro che buttarla dopo l’utilizzo.
Fuori casa – a parte l’annosa questione del fazzoletto di carta nel bagno pubblico – le cose vanno ancora meglio: oltre alla sporta e alle retine per frutta e verdura, ho la mia fida borraccia d’alluminio, il mio bel bicchiere di plastica (che uso anche al lavoro, dove ho portato pure la tazzina di ceramica per il caffé) e addirittura il bicchierone per la birra media quando si beve fuori. Se si pranza fuori, bisogna ricordarsi anche le posate e il tovagliolo; il piatto no, non sono ancora arrivata a tanto. Evito i take away perché in genere insieme al pranzo mi rifilano milioni di vassoi di cartone, sacchetti di carta, confezioni di plastica con dentro posate e tovagliolo, così come con la pizza sarei costretta a portarmi a casa il cartone. Il mio pizzaiolo, a proposito, mi ha raccontato che tempo fa il cartone per la pizza si pagava; questo incentivava i clienti trattarlo con cura e a riportarlo la volta successiva, per riutilizzarlo. Funzionava così anche per le bottiglie e le lattine che si compravano al supermercato con vuoto a rendere. In Croazia è ancora così: torni con lo scontrino, restituisci le bottiglie e ti fanno uno sconto sulle nuove bibite che acquisti. Chissà cos’è che ha fatto pensare al genere umano di aver bisogno di buttare tutto quello che consuma, per potersi dire evoluto.