E se la decrescita non è felice?
Vi ricordate il mio ultimo post? Vi avevo raccontato, tra le altre cose, di quel giorno funesto in cui la lavatrice ha deciso di allagarmi casa. Ebbene, quell’episodio mi serve da spunto per quello che sto per scrivere.
Negli ultimi mesi mi sono imbattuta in tante storie e personaggi legati alla decrescita e ho saputo che perfino la televisione ha deciso di occuparsi di questo tema e, sebbene io non abbia visto i programmi in questione, quando qualcosa approda in TV mi domando: come mai ne parlano in televisione?
Il concetto di decrescita non è nato in risposta alla crisi economica ma si è sviluppato (molto prima della crisi) perché ci si è accorti che all’aumentare del reddito non corrispondeva in assoluto un aumento del benessere; peccato che ora stiano cercando di propinarlo a chiunque proprio come mezzo per sopravvivere alle proprie difficoltà economiche. Come dire “Non c’è lavoro, non sai come arrivare a fine mese? Decresci, arrangiati, coltiva l’orto, consuma meno, trova una soluzione da solo”.
Avete letto di Giulia e Piero, la coppia ipotetica di qualche giorno fa? Ci sono otto milioni di persone nella loro situazione in Italia, secondo l’ISTAT. Ha senso dire loro che devono arrangiarsi? Ha senso consigliargli di cercarsi una casetta in campagna, coltivare l’orto e smettere di dare fastidio? È responsabile fargli notare che si può vivere con meno e che non è necessario che pretendano chissà cosa?
Non ha senso. La decrescita felice è una decrescita volontaria, così come il downshifting è la decisione volontaria di lavorare meno, non di fare la fame perché si è perso il lavoro. Un conto è la consapevolezza che molto lavoro, molto denaro, molte comodità (casa enorme, televisore gigantesco, consumi sproporzionati, automobile simil-nave da crociera) non facciano in assoluto la felicità; un altro conto è dire che nella miseria la felicità è assicurata e se sei in difficoltà economiche aiutati che il ciel t’aiuta.
Ecco perché la TV improvvisamente decide di trattare un tema che dieci anni fa poteva risultare scomodo: perché oggi gli fa molto comodo. Questa però a mio avviso non è decrescita felice; è decrescita forzata e non può, non deve essere la risposta alle famiglie in difficoltà.
Che decrescere abbia l’effetto collaterale di far risparmiare denaro può essere vero, ma di effetto collaterale si tratta, non del fine.
Esiste una responsabilità verso chi non arriva a fine mese, una responsabilità che ricade su ognuno di noi, oltre che su chi ci governa.
Non possiamo stare in silenzio, non alzare la voce, non fare niente come abbiamo fatto negli ultimi anni (troppi); non so se ve ne siete accorti, ma per dirne una ci hanno tolto qualsiasi straccio di diritto sul lavoro da sotto al naso senza che nessuno di noi alzasse un dito per fermarli.
Dove eravamo? Probabilmente davanti alla TV a credere all’ennesimo politico di turno che ci prometteva meno tasse (la maggioranza del paese gli ha creduto e ora stiamo pagando la loro illusione) così come oggi siamo davanti alla TV a credere che vivere con poco si può, che siamo noi scemi a non aver pensato che bastasse coltivare pomodori per essere felici.