Se non fosse per la neve
Voi non potete saperlo, ma il mese di febbraio dovrebbe prevedere per me la rinuncia dell’auto. Come scrissi già da qualche parte, non sono esattamente un’amante delle automobili e odio guidare. Matteo da qualche tempo ha scelto di andare al lavoro in treno: risparmia, ci mette meno, arriva al lavoro più rilassato perché non deve perdere la pazienza nell’ardua ricerca di un parcheggio e ha ricominciato a leggere.
C’è stato un periodo in cui abbiamo preso in considerazione l’idea di rinunciare del tutto a possedere una macchina. Avevamo valutato che, in relazione all’uso che ne facciamo, avremmo potuto tranquillamente farne a meno. Abbiamo amici e conoscenti che vivono in grandi città, non hanno un’auto e vivono sereni; quando hanno necessità di spostarsi in luoghi difficilmente raggiungibili se non in macchina, ne noleggiano una attraverso il car-sharing. La questione si è arenata quando abbiamo realizzato che non viviamo in una grande città e qui il car-sharing non esiste.
Non mi sono voluta arrendere del tutto, e così questo mese ho deciso di contare solo sulle mie gambe e sui mezzi pubblici, ma dopo una settimana ho già fallito. In questi giorni di neve infatti è praticamente impossibile arrivare a destinazione: i treni accumulano ritardi di centinaia di minuti. Sempre a causa della neve e delle temperature polari, diventa impensabile fare la spesa in bicicletta o a piedi, a meno che non si debbano percorrere piccoli tratti. In più, in questo periodo andiamo regolarmente a trovare il mio quasi-padre ricoverato in un ospedale nelle vicinanze; la stazione dista due chilometri dall’ospedale e voi non volete che ci trasformiamo in pupazzi di neve lungo il tragitto, vero? Senza considerare che tra andata e ritorno impiegheremmo circa due ore per percorrere dodici miseri chilometri, mentre in macchina solo venti minuti, e si sa che il tempo è denaro.
Lo so, sembro pigra, ma se si abita in una ridente cittadina che conta quindicimila abitanti, rinunciare all’auto a volte risulta una missione impossibile. Qui ho la fortuna di avere la stazione ferroviaria, cosa che mi ha fatto risparmiare soldi e benzina per recarmi al lavoro per quasi dieci anni, ma se una sera volessi bere una birra con un’amica, non saprei come tornare a casa. Potrei decidere di rispettare il coprifuoco delle ferrovie; l’ultimo treno è alle 23.00, nemmeno Cenerentola rientrava alle undici di sera. Inoltre, il treno arriva nei centri più grandi e tutta la costellazione di paesini del circondario è “servita” da pullman i cui orari e fermate sono spesso tenuti segreti. Ricordo che tempo fa, mentre attendevo che passasse un bus alla pensilina di un paesello di meno di duemila abitanti, si sono fermati i carabinieri per chiedermi “signorina, cosa sta facendo qui?”. Non si capacitavano del fatto che qualcuno aspettasse davvero un pullman lì; la loro perplessità era fondata, dato che il pullman non è mai arrivato.
Detto questo, continuo a non volermi arrendere e conto nel disgelo per tentare la mia eco-fatica in condizioni ottimali, con treni in orario (o quasi) e luoghi raggiungibili a piedi senza attrezzatura da alta quota. Qualcuno di voi ha rinunciato del tutto all’auto?